Dialetto romagnolo

Questa estate è stata veramente prolifica di cultura e il silenzio sul blog è stato compensato con delle belle letture di libri e articoli vari.

Tra questi uno appena ultimato ha il titolo:

Siamo tutti Italiani, ma solo noi romagnoli ed è stato scritto da un architetto di Cesena di nome Alessandro Savelli e mi si è rafforzata l’idea che non dobbiamo assolutamente perdere il nostro dialetto romagnolo.

Non dico lo spasso a leggere alcune storielle (chiaramente realmente accadute) che il nostro Savelli ha amorevolmente raccolto in giro per la Romagna ed ho deciso che almeno quelle che conoscevo già le riporterò ogni tanto in qualche discussione. Al contrario però del libro dove subito dopo c’è anche la traduzione ho pensato che la traduzione tocca al lettore … vediamo se il dialetto è completamente perso oppure se ancora qualche “sacca di resistenza” c’è. Mi scuso fin da ora per gli accenti, dieresi, cediglie, ecc. che cerco di adattare al mio orecchio.

E adesso avanti con il primo aneddoto:

Un settantenne vedovo che decise di sposarsi una slava di 35 anni + giovane (per la cittadinanza …) al rientro dalla luna di miele venne così apostrofato dai suoi amici al bar:

T’è vést, l’é arturné e spuslìn …..

ed un altro strofinandosi la fronte con il pugno chiuso e le dita delle corna (indice e mignolo) ben tesi e visibili controbatteva:

Adès l’ha da fé dal bél fadighi, l’ha la moj zovna ….

e tutti gli amici ridevano con sempre le corna nelle mani ben visibili al che il nostro sposino, bevuto il suo caffè, controbattè:

Arcurdiv un quél burdél, l’é méj magnès una torta in cùmpagnì che una mèrda da par sé

Adesso a voi la traduzione corretta delle tre frasi in grassetto … vediamo chi ha orecchio … si accettano anche correzzioni 🙂

Saluti radiosi

174 pensieri riguardo “Dialetto romagnolo

  1. Per Alex,mentre a Rimini us fa la fugaraza o fogheracia per san Giuseppe;int’Ancona l’8 Dicembre s fa la fugaracia o fogheracia,deta “La venuta”. In pratiga saria che la Madona armane pregna de Gisou’ p’r’opara de’l speritou Santou.

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  2. Alex: ma certo, i lom a merz 🙂
    Risponderò più tardi nel dettaglio alle interessanti considerazioni.

    Tuttavia permettimi di dire che anche se il romagnolo centro-settentrionale è più influenzato dal Bolognese (Davide Pioggia spiega chiaramente che il Bolognese è molto più affine al Romagnolo che non all’Emiliano) è proprio quella la parlata più genuinamente romagnola, viene riconosciuta Faenza, mi pare, come il centro perfetto linguistico della romagna, il romagnolo più puro diventando più Bolognese scendendo verso Dozza e più Marchigiano salendo verso Rimini, mentre culturalmente il cuore della Romagna resta Forlì.

    Culturalmente Rimini la vedo un po diversa dalla Romagna che conosco e ho notato questo fatto: i popoli di Forlì-Cesena e Ravenna gravitano intorno ad un’area molto ampia, sicuramente sono spesso a Bologna, vanno a mangiare a Bertinoro, si radunano a Mercato Saraceno, vanno alle fiere di Riolo.
    I Riminesi gravitano in una zona molto diversa, più verso Riccione, Morciano, Coriano, Pesaro, Urbino, San Leo, spesso non avendo mai messo piedi nei territori di Cesena o Forlì.

    Il Riminese lo vedo un po più pessimista, talvolta scontento, incazzoso specialmente per i fallimenti e più calcolatore. Più vicino ai Marchigiani in questo senso. I Romagnoli del centro-nord sono paradossalmente (paradossalmente perché ribalta alcune credenze su nord e sud) li vedo più sanguigni, menefreghisti… molto contadini ma con quella punta di “alternativo/intellettuale” che hanno preso da Bologna la Dotta. C’è molta più cultura della tenda, della chitarra suonata nell’enoteca, di De Andrè e Che Guevara.. a volte è più facile sentirsi presi in giro per essere vestiti bene che non per essere vestiti alla meno peggio.
    La vedo come una cultura poco propensa alle “pugnette” che per loro può significare un po tutto dai discorsi del papà, ai politici, alla moda, alla musica moderna, al divertimentificio e i grossi centri commerciali.
    Sono cinici in un certo senso, specialmente le donne ma anche veraci.

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  3. Per Toto ,ti scrivo la versione del racconto nell’Anconetano che a mio parere essendo quello dei pescatori o zona Porto di Ancona puo’ essere considerato il piu’rappresentativo tra le versioni che si possono trovare in questa citta’.A mio parere le altre versioni,non che non siano dialetti anconetani,ma si discostano troppo dalla base Veneto-Romagnola sostituendola con basi dell’entroterra o umbro-laziali. Donca: Capo’ceto Roscio sta a travertsa’el bosco en bicigleta,pidalando e cantichiando cume na pasqua;A l’impruvisou j se para davanti el lo’po che j fa’:bu’!Capoceto Roscio,spaurita,casca dala bicigleta e se mete a stre’la’(roga’)cume un’useso: “M’hai roto(sbregato)la bicigletta,ade’ cume fago?”.” Par carita’-j fa el lopo-sta zita,nu stre’la’,ade’ pio(chiapo)la saldatrice e te la cumedo…basta nu roghi(ch’en strili)pio’ ca ci ago l’utite e me fane male le rechie(l’urechie,o j’urechi).Va a pia’ la saldatrice inte la grota de casa,cumeda la bicigleta,la rida’ a Capoceto Roscio e po’arpia la su strada fagendo finta de gnente. Ciao Livio.

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  4. Livio, quindi avevo ragione che non si può parlare di un solo dialetto Anconitano ma di tanti, di quello dei portolotti e della zona orientali e di quelli più dell’interno.
    Quindi a seconda del dialetto che un abitante di Ancona a seconda del suo quartiere di origine è giusta sia dire che può suonare più gallo-italico avvicinandosi al Senigalliese e sia Umbro-Laziale avvicinandosi all’entroterra come Filottrano, Osimo, Jesi e via dicendo.

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  5. Il portoloto-buranelo e’ il dialetto Anconetano che piu’ degli altri ha nel suo gergo vocaboli di genere veneto,romagnolo,pesarese,senigalliesi,levantini(istriano-dalmati)e francofoni,piu chiaramente vocaboli di origine locale.E come per Rimini anche alcuni di provenienza umbro-laziale,che comunque e’ stato poi “anconetizzato”: es.dal romano: pizzardone,trasformato in pizardo’.L’Anconetano parlato dai pescatori,il portoloto-buranelo,non ha doppie,tronca prima e dopo le parole.Gli altri dialetti Anconetani che non hanno come base principale cio’ che ho menzionato sopra spesso:usano le doppie,scimmiottano espressioni romanesche viste nei films,e usano frasi o parole non propriamente corrette per essere definite propriamente Anconetane,come quelle riportate nella commedia di RIGHE’.Allungano la cadenza delle parole alla maniera dei burini romani.Tanto e’ vero che in Ancona si usa l’espressione:oh cuntadi’,ma cume scori,ma va’ zapa’ la tera ch’e’ meio!

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  6. Per tutte le città vale questo discorso: cambiando il quartiere cambia la cadenza del dialetto, soprattutto se i due quartieri hanno avuto rapporti commerciali con aree diverse.
    È per questo che a Santa Giustina parlano in dialetto santarcangiolese, a causa della distanza ridotta da Santarcangelo (3 km) e della maggiore distanza di Rimini (7 km), senza considerare che passato il Marecchia si avverte un confine linguistico, si entra in un’area “grigia”, dove si parlano dialetti a metà strada tra romagnolo sud-orientale e romagnolo centrale; per esempio già a San Vito conoscono la parola “ca’”=casa al posto del riminese “chèsa”, addirittura in alcune frazioni per dire oggi non dicono più “oz’/og” come a Rimini ma “incù” come a Cesena e nella Romagna centro-settentrionale.
    A Miramare, invece, la parlata si tinge di riccionese, anche se il confine tra Rimini sud e Riccione è meno netto, infatti molti elementi del riccionese si ritrovano anche nei quartieri più a sud di Rimini, come l’uso dei verbi “piègn”=piangere al posto di “piànz” e di “strègn”=stringere al posto di “strènz”, e il plurale dei nomi femminili che aggiunge “e” invece che “i”: “al surèle” al posto di “al surèli”.
    Come vedete, bastano pochi km (in alcuni casi pochissimi) per notare come cambia il dialetto e quanto sia difficile trovare un substrato comune.

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  7. Quindi caro Alex,le parole anconetane:piagne,stregne e surele ,sono in armonia con il romagnolo Riccionese.Cio’convalida ancora di piu la Gallicita’ del dialetto Anconetano.Ciao ,Livio.

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  8. Sì, e non solo in riccionese si dice “piègn” e “strègn”, ma in tutte le campagne a sud di Rimini: Cerasolo, Gaiofana, Coriano, Montescudo… fino a San Marino.
    Anzi ti dirò che anche in alcuni quartieri di Rimini si sente dire.
    Ciao

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  9. Una curiosità … in Ancona (ad Ancona) per dire “andate” si dice “andé”, come in veneto, mentre a Fano si dice “git”, che è l’abbreziazione della parlata nell’interno della provincia di Ancona “gite”, dal latino “ite” che ha aggiunto una “g” …
    A Rimini credo si dica “andét” … e nel resto della Romagna ?

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  10. A Rimini “voi andate” si dice come ad Ancona, “(vujèlt) andè”, mentre a Pesaro si dice “(vuàtre/vojàtre) a gìd”; da notare che davanti ad “a” la particella pronominale di 2° persona plurale “a” scompare, mentre da Fano in giù il problema non si pone perché non esiste la ripetizione del pronome.
    Comunque non credo che in Romagna esista il verbo “gì”=gire, anche se in alcune zone più vicine alla Toscana (Alfero, Bagno di Romagna, Verghereto…) esiste il participio passato “ito”, molto usato a Sansepolcro e in tutta la Valtiberina toscana; infatti in quella zona il dialetto è simile a quello che si parla nelle aree di confine con il Montefeltro, come Sestino.
    Anche a Tavullia e Gradara si usa il verbo “andè”, per cui penso che “gì” sia di derivazione umbro-toscana (Dante nella Divina Commedia usa il verbo “gire” più volte), e a Pesaro e Fano è arrivata grazie ai contatti con il Montefeltro e Urbino in epoca abbastanza recente (sulla costa tra Senigallia e Ancona non si usa).

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  11. A Lugo si dice “vò a j andì”

    Il fenomeno di piegne, stregne e surele presenti solo da Rimini in giù ma anche nel Pesarese e Anconitano, più che ad una presenza del romagnolo nella lingua machigiana-anconitana, può invece far di più pensare ad una anconitaneitù-marchigianità nella lingua romagnola meridionale.

    La logica infatti impone che se un certo termine, irregolare rispetto al lessico e alla fonia di una certa lingua, è presente soltanto in una piccola zona, rispetto alla percentuale del territorio in cui quella lingua è parlata, che risulta pure essere di confine; allora è quella piccola zona ad aver preso caratteristiche della più ampia zona con cui confina e non il contrario.

    Se nel dialetto Barese è presente la parola “addò” (qua) rispetto al più lessicalmente comunque “cca” o “kua” del pugliese, non è perché il Pugliese ha contaminato la lingua Greca, ma sarà vero il contrario, con un vocabolo Greco (edò) entrato in una lingua non greca.

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  12. Caro Toto,forse non vuoi comprendere che il Romagnolo di Rimini,non e’ il Romagnolo di Lugo e che Rimini fa parte di una grande zona in cui si parlano dialetti simili e che hanno molte piu’ cose in comune di quanto si voglia credere;zona che partendo da Rimini arriva fino a sud di Ancona compresa ,lungo quindi tutta la costa adriatica e non.Quindi piu’ che invasione da una parte all’altra ,qui siamo difronte ad un unico territorio,che oltre alla similitudine delle parole ha anche similitudine per storia e parentela genealogica.Ciao,Livio.

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  13. Esiste dunque una vasta area gallo-italica, comprensiva della Romagna e della parte Nord delle Marche, che si restringe verso Sud limitandosi alla striscia costiera fino a Sud di Ancona, in pratica fino a Sirolo e non è un caso che sotto l’arco di Sirolo una targa ricordi la sua appartenenza alla Pentapoli Marittima, nell’ambito dell’ex Esarcato di Ravenna, secondo i citati prof. Crocioni e dalla carta dei dialetti dei prof. Merlo e Tagliavini tale area Gallo-italica da Rimini verso Sud si può definire come Gallo-Picena, con le caratteristiche galliche che prevalgono fino a Nord di Senigallia, mentre a Sud di Senigallia prevalgono le caratteristiche umbro-picene, che vanno ad estinguersi lungo la costa fino a Sud di Sirolo e una parte di Numana, in alcune aree a Sud di Ancona, come ad esempio la frazione Poggio e Camerano le caratteristiche galliche sono o forse erano più accentuate, in quanto è in atto una forte standardizzazione delle parlate, dovute all’uso sempre più prevalente della lingua italiana.
    Chiaramente il romagnolo ha una sua tipicità nell’ambito dell’area gallica suddetta, con inevitabili differenziazioni, nel caso dell’area urbinate-pesarese si può quindi parlare di un linguaggio parente prossimo del romagnolo, mentre nel caso della parte costiera della provincia di Ancona Senigallia-Falconara- Ancona si può parlare di linguaggi parenti più lontani, ma comunque parenti.

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  14. Allora diciamo che Rimini, Pesaro, Ancona fanno parte della gallia-picena, che trovo un discorso giusto perché allora ha senso questa mia impressione che Rimini e provincia sono sempre sembrati già uno sconfinamento in territorio Marchigiano. Misano e Cattolica a me sembrano provincia di Pesaro in tutto: cadenza nella parlata italiana, sistema economico, carattere.

    Però in questa gallia-picena ci sono territori dove, come afferma Pioggia, gli influssi gallo-italici predominano su quelli centrali (da Senigallia in giù) e territori dove gli influssi centrali predominano su quelli gallo-italici (da Senigallia in giù) e in tutto questo naturalmente c’è uno spettro dove il Riminese è un 70-30, il Cattolichino 65-35, il Pesarese è 60-40, il Fanese è 55-45, il Senigalliese 50-50 è il Falconarese e Anconitano è 30-70.. .o qualcosa del genere, i numeri sono a caso ma più o meno il concetto è questo per me.

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  15. Chi piu o chi meno,questa vasta area mista esiste e non a caso il Merlo e il Tagliavini autorevoli studiosi coi fiocchi e controfiocchi,nella loro cartina dei dialetti graficamente raffigurano la zona che va dalla provincia di Rimini compresa a quella di Pesaro-Urbino compresa a quella di Ancona nella parte lungo la costa fino alla zona del Conero,come zona Gallica di transizione con la zona dei dialetti centrali.Per quanto riguarda la percentuale direi a mio modesto avviso:Rimini 80-10(veneto)-10.Pesaro 70-30-.Senigallia 60-40.Ancona 60-30(veneto)-10.Ora se sia piu giusto considerare questa zona come prolungamento della Romagna o zona di dialetti Romagnoli della regione Marche,questo lascio a voi decidere.Ciao,Livio.

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  16. Il concetto mi sembra giusto, al di là delle percentuali.
    Però trovo un po’ esagerato dire che Cattolica è marchigiana, i modi di dire sono quelli tipici della Valconca e di San Giovanni in Marignano, le tradizioni sono ancora più “riminesi”, ad es. la mattina di Pasqua si è soliti fare colazione con la pagnotta e la ciambella e non con la crescia brusca marchigiana (che comunque è conosciuta fino a Misano).
    L’unica zona veramente a metà strada tra la Romagna e Pesaro credo che sia quella di Saludecio, Mondaino e Montegridolfo, dove alle tradizioni della Valconca si aggiungono quelle nord-marchigiane, e anche la parlata è un ibrido.
    A me piacciono molto quei borghi di confine, penso che siano un giusto mix di culture, tradizioni, dialetto, senza considerare che probabilmente le mie origini sono legate a quei posti.
    Un’altra zona caratteristica è quella dell’Alta Valmarecchia, a cui bisogna aggiungere Sarsina (valle del Savio): le similitudini con Rimini sono tante, nei modi di dire, nelle tradizioni, nel dialetto, nella gastronomia; questo perché Rimini è sempre stata legata alla sua valle, nonostante le vicissitudini storiche l’abbiano portata nella provincia di Pesaro, e Sarsina è sempre stata più a contatto con la Valmarecchia che con Cesena, basta ascoltare il loro dialetto per capire quanto sia simile a quello degli interni di Rimini.
    Poi c’è un’area “strana” che comprende Savignano, Bellaria, Santarcangelo e Verucchio, dove si parlano i dialetti più “barocchi” e stravaganti di tutta la Romagna (con i famosi dittonghi descritti da Pioggia); questa stranezza secondo me è dovuta al fatto che siamo al confine tra due varianti distinte di parlate romagnole, quella centro-settentrionale e quella sud-orientale; in pratica abbiamo una cadenza ancora in gran parte cesenate con un lessico che tende al riminese, per cui è fatica capire quale delle due componenti prevalga, anche perché la percentuale varia da luogo a luogo:
    https://youtu.be/qj7u5v8i4AE (dialetto di Poggio Berni)
    https://youtu.be/–Rc-m_hJR8 (dialetto di Santarcangelo)
    E qui sarei curioso di sapere il vostro parere, visto che a me le differenze con Rimini sembrano molto evidenti: in questo caso siamo più vicini alla Romagna centro-settentrionale o a quella sud-orientale come sostiene Pioggia?
    Ciao a tutti 🙂

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  17. Ancona considerarla solo al 10% centrale-mediale-umbra mi sembra impossibile, considerando che in qualsiasi scritto è in percentuale minore il lessico gallico-romagnolo che non quello mediano-centrale e non parlo solo del dialetto parlato dalla maggior parte degli anconitani, quelli più mediano, ma parlo anche del portoloto o del dialetto del Conero che pur essendo più gallo-italici hanno in se ancora tantissimo lessico e fonetica mediana-centrale.

    Anzi, per il dialetto di Ancona non basta avere una percentuale di dialetto centrale, veneto e umbro-centrale ma ci vuole anche una percentuale di meridionale, visto che il dialetto di Ancona è ricco di fonemi, strutture e lessico tipici del Sud Italia, nemmeno riscontrati nel Lazio o in Umbria. Basta pensare al gerundio formato con la formula “sto a fare” invece di “sto facendo” riscontrabile in Puglia e Campania o la mutazione di S in SC e tanti altri.

    Io dico che la meridionalità, centralità e l’umbro-lazialità vincono sulla gallicità in termini di proporzione, nel dialetto Anconitano. Cioè è una parlata ibrida gallo-centro-meridionale in cui gli aspetti centrali prevalgono di gran lunga su quelli gallici.

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  18. Non e’:sto a fa,ma:A stago a fa. Costruzione come Rimini:A stag a fe.Per la S-SC nel Riminese i Cassoni(quelli che si mangiano)vengono chiamati anche Cascioni.E cosi tante altre parole.Se ci riferiamo a si (sci) ,cosi'( cusci’) ecc. Lo Stesso avviene per il dialetto Genovese;che non credo possa essere considerato un dialetto meridionale,anzi….Anche se ovviamente si tendera’ sempre a dire che Ancona viene sempre influenzata dai dialetti del sud e mai da quelli del nord e che comunque Ancona col suo dialetto non puo’ mai influenzare altri dal centro-nord in giu’…chissa’ perche’…ma’,mistero….Boh.Ciao,Livio.

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  19. Secondo me la parlata “del porto” di Ancona è:
    60% mediana (umbro-picena);
    20% gallica (modi di dire sud-romagnoli e pesaresi frequenti);
    20% veneta (consonanti scempie alla maniera veneta, forme verbali come “fago”, “digo” ecc.)

    Mentre la parlata di Rimini città è:
    65% gallica;
    20% mediana (alcune parole umbro-picene, ad es. “carùgla”=rucola, “paranènza”= parananza, grembiule da cucina , “capumélla”=camomilla, “ciurma”=viso accigliato ecc., parole che finiscono con epitesi di i o di e come “fórne”, “urèrie”…)
    15% veneta (verbi come “vèrz”=aprire, “squèrz”=scoprire, “impizè”=attizzare il fuoco, parole come “boba”=chiasso, “bdòc'” che significa sia pidocchio che cozza come in Veneto ecc.).

    Per la parlata di Pesaro direi così:
    55% gallica (pronomi clitici soggetto e altri fenomeni fonetici/grammaticali prevalentemente di tipo romagnolo);
    35% mediana (cadenza con forte influsso umbro-piceno, verbo “gì” al posto del romagnolo “andè”e altri modi di dire tipicamente umbro-marchigiani);
    10% veneta (meno evidente l’influsso veneto rispetto a Rimini e Ancona)

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  20. A mio parere,vi posso concedere,ma e’ solo per gentile concessione,un 50% di percentuale gallica(Riminese-pesarese-senigalliese),30% gallica(veneto-istriano-dalmato),e 20% mediana (umbro- laziale,con spolverate meridionali?mah!,se Toto propio le vuole…e sia).Comunque,cio’non toglie che 50%+30% faccia in totale 80% di gallicita’;l’ Anconetano e’ un dialetto prevalentemente gallico,di maggioranza romagnola.E comunque residente in quella grande area che ha in comune con Rimini e Pesaro e loro province.Ciao,Livio.

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  21. A parte le percentuali, comunque ho notato che l’anconetano è molto più veneto del pesarese e delle altre parlate del nord delle Marche; per esempio quando dite “el Lazaréto” (il Lazzaretto) sembra quasi di sentire un veneziano.
    A Rimini fino agli anni ’20 del secolo scorso esisteva una parlata a sè, il portolotto, che veniva usata dai marinai e dai pescatori del porto, molto più simile al veneto che al romagnolo: http://www.ilportolotto.it/ita/i-portolotto
    Curioso notare che bisogna risalire fino a Comacchio per sentire influssi veneti così forti da incidere sulla cadenza, tra l’altro con un effetto simile a quello che succede a Pesaro, contaminata nella cadenza da influssi umbro-piceni.
    In effetti il comacchiese è un dialetto stranissimo, in cui è fatica trovare la componente principale (romagnola, bolognese, ferrarese?), mentre a Goro si può parlare benissimo di gallo-veneto (anche se i Veneti non sono di origine gallica, ma illirica), visto che la cadenza è in tutto e per tutto “chioggiotta” e addirittura le parole finiscono per “o” come in Veneto.

    Ecco il sito dei comacchiesi:
    http://www.comaclum.it/ita/parlata_poesia/parlata_comac.htm
    E qua un esempio del loro dialetto:
    http://www.comaclum.it/ita/parlata_poesia/inseguimento html
    Per Goro invece ho trovato questo:
    http://www.bulgnais.com/ventoesole/VS-Goro.html

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  22. Comunque è interessante notare come anche il dialetto di Fabriano, ancora più umbro-laziale dell’anconetano (forse quasi romanesco), abbia nel vocabolario almeno un 25% di parole che trovano riscontro nel riminese o nel pesarese.
    Addirittura esiste il termine “focheraccio” per falò (= alla nostra “fogheraccia”), il termine “portugallo” per arancia (a Rimini “partugàla”), “l’acquaticcio”=vino non fermentato (a Rimini “aquadéza”) e altre parole che pensavo fossero di origine gallo-romagnola… se dovessi continuare non finirei più! 🙂
    http://pinolatini.altervista.org/

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  23. Alex devo complimentarmi con te per la tua ricerca sul Fabrianese.Se dunque questo dialetto puo’vantare gia’ il 25% di vocaboli gallici,credimi ,affermare che Ancona ha il 50% di vocaboli gallici non e’ un’esagerazione,ma una limitazione; perche’la sua percentuale ne e’ sicuramente piu alta.Ciao con simpatia,Livio.

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  24. Quando si parla di dialetti, come per le lingue, non si deve ovviamente considerare solo la sonorità e la pronuncia, ma anche la radice dei termini e la costruzione della frase, è evidente che la sonorità dà una immediata impressione, ma non xi si può basare solo su quella.
    Per esempio una cosiddetta “spia gallica” facilmente individuabile è la pronuncia della “s” dolce tra due vocali, “brezaola”, “suzina”, “coza”, dove la “z” sta a rappresentare una “s” dolce, che è be distinta dalla cosiddetta “s” aspra.
    La “s” dolce è tipica delle parlate del nord e non esiste in Toscana, (“petaloso” di Renzi pronunciato da Crozza …., né in tutto il cenro-sud, ma esiste nella parte nord della provincia di Pesaro-Urbino e nella striscia costiera fino a Sud di Ancona all’incirca fino a Sirolo e Numana Nord e non è un caso che i Galli si fossero allungati sulla costa fin lì, mentre basta spostarsi di pochi km nell’interno e la “s” diventa aspra, tanto per citarne una.

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  25. Secondo alcuni studiosi di epoca romana (come Tito Livio), Rimini sarebbe stata in territorio Piceno fino all’arrivo dei Galli Senoni; per questo motivo la fascia costiera che parte da Rimini e finisce ad Ancona venne chiamata “Ager Gallicus (in Piceno)”: https://books.google.it/books?id=_KFXAAAAcAAJ&pg=PA2&lpg=PA2&dq=piceni+a+rimini&source=bl&ots=ImiqjVacqL&sig=PfqHOyEQbekCYxnl5qO8zaJbg64&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjEntfXwdbLAhVEXBQKHVz3ANc4ChDoAQglMAU
    Questa teoria è stata poi ripresa in epoca moderna, infatti alcuni studiosi ipotizzano che i Piceni si siano spinti più a nord del fiume Foglia, almeno fino al fiume Uso (Santarcangelo di Romagna) o al Rubicone (Savignano).
    Nel villaggio villanoviano di Verucchio ci sono anche dei ritrovamenti piceni, come scudi, elmi, corpi che sono stati inumati sotto terra (mentre i villanoviani solitamente praticavano il rito della cremazione); sembra comunque certo che ci fossero dei contatti con il villaggio piceno di Novilara.
    Bisogna però dire che il linguaggio della stele di Novilara (Piceno settentrionale), è molto diverso da quello parlato nel resto del Piceno, e sembra avere origini greche o etrusche: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Lingua_picena_settentrionale
    Probabile quindi che la civiltà picena fosse frammentata al proprio interno, e abbia sempre avuto vari “meticciamenti” con altri popoli (Umbri, Sanniti, Greci, Etruschi…).
    Quindi non saprei quanto queste popolazioni possano aver influito sulla formazione dei dialetti tra Romagna e Marche, sicuramente hanno lasciato qualcosa nella cultura locale, ma è difficile stabilirlo con precisione.
    Sta di fatto che il sud della Romagna è stato territorio di conquista per Umbri, Piceni ed Etruschi.

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  26. Tralasciando il discorso delle popolazioni antiche, comunque mi sembra evidente che a mano a mano che da Rimini ci si sposta verso nord, il dialetto tende ad avere una cadenza sempre più cesenate: a Bellaria per esempio, benché sia ancora provincia di Rimini, si avverte già la vicinanza con Cesenatico, per es. sono rimasto stupito che da loro la piadina chiusa si chiama “crescione” come a Cesena e non “cassone” come a Rimini e Santarcangelo; del resto basta sentire parlare la gente lungo la strada per capire che ci si è allontanati parecchio da Rimini nonostante i soli 15 km percorsi!
    Questo discorso è valido anche se ci si allontana in direzione Savignano, mentre procedendo verso Pesaro una differenza così netta si nota solo oltrepassando Gabicce.
    Quindi a questo punto direi che ci troviamo di fronte a 2 gruppi dialettali piuttosto diversi, per cui dal cesenate si passa gradualmente al riminese tramite i cosiddetti “dialetti dei dittonghi”, per cui percorrendo la via Emilia in direzione sud-est e oltrepassando Gambettola, Savignano, Santarcangelo, Santa Giustina… si nota una sempre maggiore vicinanza a Rimini; la stessa cosa avviene sulla costa, però qui il passaggio tra un dialetto e l’altro è più brusco perché in 30 km si passa da un dialetto di tipo “ravennate” come Cervia al dialetto di Rimini, passando per i dialetti di Cesenatico (di tipo “cesenate”), Bellaria, Igea Marina, Torre Pedrera e Viserba, dove pian piano finiscono i “dialetti dei dittonghi” e inizia il riminese vero e proprio, anche se la cadenza del dialetto di Viserba è diversa da quella che si sente in altri quartieri più a sud e nell’intonazione c’è già qualcosa di Santarcangelo e Bellaria.
    Insomma come dice qualcuno le varianti del dialetto sono infinite, per cui basta spostarsi di 2-3 km e cambia completamente la cadenza, quindi non mi stupisce il fatto che il dialetto del porto di Ancona è diverso da quello parlato in altri quartieri, perché lo stesso discorso vale anche per altre città che io conosco meglio come Rimini e Pesaro.
    Tuttavia bisogna capire perché (e questa secondo me è l’eccezione) ci sia un’area così vasta e omogenea di dialetti che comprende la pianura tra Forlì e Ravenna, passando per Faenza, Lugo, Russi, Bagnacavallo ecc. dove il dialetto ha all’incirca la stessa intonazione e i cambiamenti sono veramente minimi; la mia spiegazione è che in quest’area di pianura i mercati hanno permesso un forte scambio culturale e abbiano fatto sì che molta gente si sia spostata lungo quest’asse rimescolando di volta in volta i dialetti preesistenti.
    Voi cosa ne pensate?
    Ciao 🙂

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  27. @Alex
    hai proprio ragione sul fatto che da Imola a Cesena il linguaggio è veramente omogeneo e le differenze sono pochissime, specialmente a livello di intonazione. Ho sentito parlare delle persone a Cesena che nel modo di gesticolare, articolare e nella cadenza mi hanno ricordato i miei cugini di Castel Bolognese e a Meldola ho sentito gli stessi suoni e sintassi che ho sentito a Tredozio.
    Gambettola è ancora legata a quei suoni.
    La differenza io la sento a cominciare dalla linea Bellaria-Sant’Arcangelo dove già comincio a sentire i primi echi di “cantilena marchigiana”.
    Ad esempio vidi un video di un signore di Sant’Arcangelo che diceva “chi fa più la farina in casa? La trovi al supermercaaato” con cadenza molto Tavulliese-Pesarese, mentre la stessa frase da Cesena a Imola ha la cadenza oserei dire Bolognese, più secca e crescente “ciò, mo sta al supermercato”

    Anche a livello culturale ho notato da sempre che l’area che è linguisticamente omogenea che va da Imola a Cesena è anche un’area culturalmente omogenea. Cioè in quell’area le persone si conosco e conoscono ogni posto, quasi fosse un unica area metropolitana: chi vive a Lugo ha sicuramente amici a Forlimpopoli, va a mangiare a Bertinoro, va alla festa della frutta di Casola Valsenio, va al mare a Cervia, visita le fiere di Brisighella, va al parco dei laghi a Faenza e quasi ognuno ha parenti e conoscenti sparsi in tutta l’area.
    Io ho parenti a Dovadola, Premilcuore, Castel del Rio, Russi, Ravenna, Solarolo, Longiano.

    Da Sant’Arcangelo in poi si apre una nuova macro-area.
    È quasi impossibile che un faentino non conosca Cesena o Forlimpopoli o Cervia, ma è comunissimo che un riminese non sappia niente di quelle zone e che anzi graviti in un’area che piuttosto include posti come Riccione, Morciano, Coriano, San Marino, Cattolica, Pesaro, Gradara, Tavullia.
    Allo stesso modo i Fanesi gravitano di più nell’area sud verso Marotta, Senigallia, Corinaldo, Jesi, Mondolfo e infatti sanno poco dei fatti di Pesaro o Riccione e mi ha sempre colpito che pur essendo Pesaro la provincia di Fano, a Fano si conosce pochissimo e si va pochissimo a Pesaro.

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  28. @Toto
    Infatti il dialetto di Fano è veramente diverso dal pesarese, per non parlare di altri dialetti ancora più marchigiani come Fossombrone, dove addirittura per dire “tuo babbo” si dice “babte” e “tua mamma” diventa “mamta”, ovvero c’è la posposizione dell’aggettivo possessivo in forma enclitica tipica dei dialetti centro-meridionali “non romaneschi”, come nel sud delle Marche o in Ciociaria, o addirittura in napoletano.
    A Pesaro l’aggettivo possessivo viene quasi sempre preposto ai nomi di parentela, per es. “tuo padre” si dice “tu pèdre” (più raro “el tu ba”) e “tua madre” si dice “tu mèdra” (più raro “la tu ma”), mentre a Fano credo si dica “tu pader” e “tu mader”.
    A Pesaro davanti ai nomi di parentela senza aggettivo possessivo va sempre messo l’articolo, “el ba, la ma, la surèla, el fradèl, el nòn, la nòna ecc.”, mentre a Urbino, Fossombrone e dintorni sento dire: “sa c’ha fat babb’?”, oppure “cu ha fat babbe?”, che in pesarese sarebbe: “co l’ha fat el ba?” e in riminese “cus cl’à fat e’ ba?”.
    Ecco perché ho sempre considerato nella mia testa il pesarese una propaggine sud-romagnola, perché grammaticalmente ha ancora elementi romagnoli che fanno pensare a un substrato gallico, al di là della cadenza che risente chiaramente di influssi marchigiani e umbri; il fanese invece è molto più marchigiano sia a livello fonetico che grammaticale, infatti per me ha un substrato chiaramente umbro-piceno anche se con influssi gallici notevoli (da notare le vocali nasali), mentre l’urbinate è da collegare direttamente ai dialetti di Gubbio e Città di Castello, forse con qualche influsso gallico in più proveniente da Pesaro (con cui condivide in parte la cadenza) e dal Montefeltro settentrionale.
    A Urbino si dice “la ròbba, l’urlògg’, la dménnica ecc.”, proprio come si dice in alta Valtiberina o dalle parti di Senigallia, mentre a Pesaro si direbbe “la ròba, l’arlòg’, la dmèniga”, addirittura ho sentito qualcuno dire “dmènga”=domenica come in Romagna, oppure “ma la Catòlga” per dire “a Cattolica”.

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  29. Una che separa molto i dialetti romagnoli da quelli marchigiano-settentrionali come quelli di Pesaro e Montefeltro è la mancanza della vocale sceva in fine di parola.

    Nei dialetti pesaresi si assiste a due fenomeni: o la vocale finale è pronunciata distintamente o è tagliata nettamente. Così si ha o guera o piett.

    Ma in entrambi i casi in romagnolo si ha una vocale sceva finale, dal suono indistinto tra A, E, O
    Di conseguenza si avrà: rott’ë, lengvu’ë, vign’ë, pavur’ë, ritirat’ë, besti’ë, puren’ë, ancor’ë, madon’ë.. una caratteristiche che l’accomuna con il pugliese settentrionale.

    Queste “sonorità” molto tipiche le sento fino a Misano Adriatico, chiaramente nel Forlivese e Ravennate si sentono più spesso ma anche in provincia di Rimini non mi sembra di avvertire le vocali distinti in fine di parole o le tronche nette del Pesarese.

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  30. Onestamente non ho mai notato per Rimini e provincia questa caratteristica, mi sembra più tipica della provincia di Ravenna e delle valli di Comacchio, dove la “a” finale in alcune parole diventa un suono un po’ strano (tipo “ë”), per es. in comacchiese la negazione “brisa” diventa “brisë” (http://www.comaclum.it/ita/parlata_poesia/non_sorridere.htm).
    Tra l’altro neanche in santarcangiolese/bellariese ho notato questa particolarità, mentre ora che ci penso a Forlì ho sentito della gente parlare in quel modo.
    A Rimini la “a” finale viene pronunciata distintamente, non vedo differenze in tal senso con le Marche settentrionali; anzi potrebbe essere una distinzione importante tra Romagna settentrionale e Romagna sud-orientale.
    A Rimini ci può essere anche un troncamento netto, penso ad es. ad alcune forme verbali, da noi l’infinito dei verbi della terza coniugazione latina (-ěre) è quasi sempre tronca, ad es. “ciùd”=chiudere, “lèẓ”=leggere, “nàs”=nascere, solo occasionalmente si aggiunge una “a”, ad es. “véda”=vedere.
    A Pesaro e nel Montefeltro invece i verbi di questa coniugazione terminano sempre in “a”, per cui si ha “chiùda”=chiudere, “léggia”=leggere, “nàscia”=nascere, oltre naturalmente a “véda”=vedere; addirittura esistono verbi di altre coniugazioni che hanno questo tipo di infinito, come “armàna”=rimanere, “fùggia”=fuggire, “da séda”=a sedere ecc.
    La particolarità però che più distingue il pesarese dai dialetti romagnoli veri e propri è che in questo dialetto solitamente non si aggiunge nessuna vocale nei nomi femminili al plurale e si mantiene l’articolo “le” come in italiano, mentre in riminese ad es. si dice “al dòni, al surèli ecc.” o in riccionese “al dòne, al surèle ecc.”, a Pesaro si dice “le dòn, le surèl ecc.”.
    Poi in pesarese esiste un’altra caratteristica sconosciuta alla maggior parte dei dialetti romagnoli, ovvero alcuni aggettivi e nomi maschili plurali aggiungono la “i”, ad es. “i cavài”=i cavalli, “i capéi”=i capelli, “i uchièi”=gli occhiali…
    A Comacchio sembra però esistere questa caratteristica, quindi probabilmente si tratta di un fenomeno di origine veneta.
    Alcuni poi vedono come un tratto distintivo del pesarese la presenza dei suoni gutturali “chj, ghj”, però va detto che questi suoni sono presenti in modo ancora più marcato nelle aree montane e tradizionalmente più conservative della Romagna, per es. prova ad ascoltare questa poesia di Angelo Giannini di Sarsina: http://www.dialettiromagnoli.it/opera.php?id=124&m0=submenu3&m1=submenu18
    In pratica il pesarese ha mantenuto alcune caratteristiche “arcaiche” dei dialetti romagnoli meridionali a cui ha però aggiunto un’intonazione più marchigiana.
    Da notare che il dialetto di Sarsina, anche se siamo in provincia di Forlì-Cesena, appartiene alla Romagna sud-orientale, infatti assomiglia molto di più al dialetto di Novafeltria che a quello di Cesena e ha una sonorità sicuramente più vicina al riminese.

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  31. @Toto
    Comunque, ascoltando bene il dialetto di Sarsina, mi sono reso conto che è ancora presente quella caratteristica tipica della Romagna centro-settentrionale che hai osservato tu: nella poesia “U bùfa” sembra che le “a” in fine di parola si trasformino in un suono indistinto (che tu hai indicato con “ë”) per cui al mio orecchio suona “U bufë” o qualcosa del genere, mentre in riminese si direbbe “E’ bófa” con una “f” un po’ più allungata (quasi “e’ bóffa”) e la “a” finale si pronuncerebbe distintamente, non esiste “ë” da noi; a proposito nel tuo dialetto esiste il verbo “bufè”=bufare, cioè nevicare con vento forte?
    A Rimini è molto usato, ma penso che sia tipico (oltre che del sud della Romagna) dell’Italia centrale (Umbria e Marche su tutti).
    Tra l’altro in riminese esiste un altro verbo (“sfruflè”) che si usa quando nevica piano (“e’ sfróffla” significa che si vede qualche fiocco di neve e niente di più).

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  32. Io sono di Fano e di fanesi che frequentano abitualmente le zone oltre il Metauro non ne conosco proprio, non so da chi hai saputo una sciocchezza simile
    I fanesi hanno sempre frequentato la Romagna, forse non molto Pesaro, i pesaresi non sono ben visti neanche in Romagna, ma molto di più Cattolica, Riccione e Rimini
    Per quanto riguarda la parlata, io quando sono fuori Fano, in qualsiasi parte d’Italia, eccetto la Romagna vera e propria, ma compresa l’Emilia e i territori confinanti a Fano a sud del Metauro vengo sempre e dico sempre scambiato per un romagnolo, devo sempre spiegare di dove sono esattamente perchè la gente non del posto ma di neanche tanto lontano prende la cadenza fanese per emiliano-romagnola come in effetti mi sono convinto sia, tante sono le volte che ho dovuto dire che non sono romagnolo ma della provincia di Pesaro-Urbino che non ha niente a che vedere con il resto delle Marche, quindi i nostri dialetti chiamiamoli al limite pesaresi e non marchigiani, le marche sono un agglomerato di dialetti agli antipodi tra di loro, io non capisco niente di cosa dice ad esempio un abitante di Filottrano mentre capisco benissimo un riminese
    Saluti

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  33. È chiaro che il dialetto fanese è ancora vicino al romagnolo per alcuni aspetti, però comincia a sentirsi qualcosa di “marchigiano” nella cadenza, anche se è fatica spiegarlo bene qui: ad esempio a me (riminese) è evidente il fatto che il dialetto fanese tende a troncare le parole e i verbi alla maniera urbinate, “magnatt, butt (bevuto), durmitt” ecc., inoltre tende ad aprire e allungare le “e” negli avverbi e parole che finiscono in “mente”: “sicuramèènte, certamèènte…”.
    Del romagnolo avete la pronuncia nasale della “n”, la pronuncia sibilante (e un po’ strascicata) della “s” e della “z” e anche qualche modo di dire come “patàca/patacca, ció!, le purass (credo che le vongole si chiamino così in fanese)” ecc.
    Quando si parla di marchigiano si intendono i dialetti a sud di Senigallia (o forse di Ancona), è chiaro che qui parlavamo dei dialetti gallico-marchigiani; comunque il dialetto pesarese è una categoria a parte, mentre il fanese assomiglia vagamente all’urbinate ma con una pronuncia più nasale, basti pensare al caratteristico “vulóñ de Fàñ” (il “vulón” è il contafrottole in fanese, dico bene?).

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  34. In tutto questo c’è da dire una cosa: il dialetto riminese è già di suo una categoria a parte rispetto al romagnolo che in maggioranza viene parlato nella Romagna (quello di Cesena, Cesenatico, Forlì, Cervia, Faenza, Lugo, Ravenna, Mercato Saraceno, Predappio, Castel Bolognese, Imola… che bene o male, per quanto abbiano differenze, sono tutti più o meno riconducibili agli stessi suoni, termini, cadenza, ritmo… cosa non vera per il riminese che è una cosa a se. E infatti molti romagnoli delle valli di Forlì, Cesena e Ravenna, spesso scambiano i riminesi per marchigiani.

    Io trovo molto strano che un fanese possa essere scambiato per un romagnolo, in quanto il fanese ricorda molto più l’anconetano, con tutte quelle E allungate, con quel “semo” seconda persona plurale, con quella nasalità, con quel crescendo nelle domande. Nell’immaginario collettivo a Fano si parla come parlava Sergio Volpini.

    Un fanese può venire scambiato per romagnolo, secondo me, solo se con il tempo ha preso una cadenza romagnola, frequentando molto i romagnoli o la romagna. Dopotutto va detto che non tutte le persone di una città e neppure quartiere hanno la cadenza tipica di quel quartiere. Conosco persone del Vomeri a Napoli con una cadenza forse napoletana, altri senza cadenza alcuna e altri con una cadena più smorzata che ricorda il pugliese (con le O chiuse) senza però essere mai stati in puglia.

    Questo è un conosciuto programma fanese: https://www.youtube.com/watch?v=xn6bMzSvNg4

    Sono disposto a chiedere in un forum super-partes secondo loro se questi sono romagnoli.
    Si sente lontano chilometri la differenza da una parlata tipo questa:

    Pure la sibilante è molto diversa. A parte che nel fanese non è così udibile come nel pesarese dove diventa una vera e proprio “sc” ma nel romagnolo è più palatale, la lingua non tende verso gli incisivi come in una vera “sc” e mentre si sente una mollezza della S non si sente invece il suono “c molle”.

    Infine, conoscendo Fano e i fanesi, so per certo che frequentano poco Pesaro, ma come tutti possono essere attratti dalla riviera romagnola, ma le interazioni con il sud non mancano di certo. Infatti la spesa la fanno al Maestrale non alle Befane, conoscono bene le feste di Senigallia compresa i suoi rinomati fuochi sul mare, così come Halloween a Corinaldo, dove raramente si vedono persone del territorio da Pesaro in giu, Molti studiano ad Ancona, piuttosto che non Forlì o Bologna e vanno al mare, se non proprio a Fano, tra Marotta e Morzacca e non di certo a Rimini, tanto meno Pesaro. I fanesi fanno escursioni al Conero, conoscono Portonovo (a Pesaro molto raramente) spesso vanno in albergo a Numana o come acquaparco hanno come punto di riferimenti il Verdeazzurro di Cingoli. E se il Cocoricò dei tempi d’oro ha sempre attirato i ragazzi di Fano, è più facile che frequentino l’Etho, il Miu Miu, la Lanterna Azzurra, il Solaria o il Noir che non il Canto Pirata, i Nove Nove o i locali minori di Riccione o di Rimini

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  35. Interessante il video di San Costanzo, la parlata sembra un misto di pesarese, di cui si sentono ancora molto le caratteristiche domande cantilenanti e la pronuncia un po’ sbiascicata delle “s”, e di senigalliese, di cui si avvertono le “e” aperte, le continue vocali d’appoggio e il ritmo un po’ spezzettato con tutte parole tronche.
    Comunque il dialetto fanese che conosco io è diverso da quello degli interni, la migliore versione è quella di Lodovichetti:

    Per quanto riguarda Rimini, la nostra parlata è sicuramente molto diversa da quelle gallico-marchigiane, anche se si discosta abbastanza da quella cesenate;
    secondo me esistono da sempre almeno tre ceppi distinti di parlate fra Romagna e Marche: il ceppo nord-romagnolo affine al bolognese, il ceppo gallico-marchigiano con cadenza che tende all’umbro (tipo eugubino) e, quasi a metà strada fra i due, il ceppo sud-romagnolo che prende qualcosa dal bolognese e qualcosa dal gallico-marchigiano e dall’umbro settentrionale (tifernate)
    In realtà anche a Rimini a seconda dei quartieri ci sono delle differenze importanti, per es. nelle frazioni a nord e a ovest della città si parla con cadenza santarcangiolese, quindi con vocali più strette o più larghe a seconda delle parole rispetto al riminese cittadino, domande in calando (con un po’ di cantilena) e un ritmo più cesenate;
    nelle frazioni a sud (dove abito io) si parla invece con una cadenza più riccionese, le domande tendono leggermente ad avere un suono strascicato (non però nettamente in levare come in pesarese), le “s” e le “z” sono meno bolognesi e tendono ad avere un suono più aspirato (la “z” tende quasi a “th” inglese), inoltre c’è la tendenza a pronunciare aperte tutte le vocali in sillaba chiusa come in riminese cittadino (“rotòndo, “piòmbo”, “strètto” ecc.).
    Per me è molto significativo questo video:

    Se avete la pazienza di ascoltarlo tutto (11 minuti), sentirete le cadenze di molti quartieri riminesi e capirete quanto sono diverse le varie parlate.

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  36. @Alex
    Ciao omonimo riminese
    non so neanche io come sono entrato in questo sito ma la cosa mi ha appassionato e non ho resistito quando ho letto che i fanesi gravitano verso la zona sud quando per noi il riferimento è sempre stata Rimini e quando si va a fare un giro si va in Romagna e si conoscono poco e niente le zone sud anche della ns provincia
    Io non sono un esperto di glottologia ho cominciato ad interessarmi solo perchè mi chiedevo come mai mi scambiano sempre per romagnolo, il fanese per me era fanese e basta e quando venivo e vengo in Romagna sento la differenza, evidentemente però per il resto d’Italia queste differenze di pronuncia non sono poi così eclatanti, faccio solo gli esempi più recenti : il mio babbo per problemi cardiaci è stato portato all’ospedale di Ancona e l’infermiere anconetano dava per scontato che fosse romagnolo, poi a Cotignola il signore di Imola in camera con lui la scambiato per riminese, io con una coppia (lui veneto, lei con il babbo di Cupramontana(AN) ) : sei romagnolo? Sulle alpi, in qualunque posto vada, non faccio in tempo ad aprire la bocca: lei è romagnolo…. evidentemente la Romagna rimane simpatica alla gente come lo è a me…
    Devo precisare che io sono nato e ho sempre vissuto a Fano così come da secoli la mia famiglia quindi non ho preso cadenze strane. Io direi che a Fano comincia a sentirsi qualcosa di “fanese” e non di marchigiano perché il marchigiano non esiste, sono tutti dialetti riconducibili ai quelli più forti, le marche sono un’entità solo amministrativa
    Nel dizionario di fanese ho scoperto diversi termini che consideravo romagnoli anche se molte parole non si usano ormai più, il vero fanese sta scomparendo
    Le sonorità del fanese e del pesarese non si discostano molto parlando in italiano e la testimonianza è che io a Pesaro non vengo riconosciuto come fanese, al contrario di quello che dice “il sig Toto” c’è molto andirivieni tra Pesaro e Fano, siamo quasi un’unica città tanto sono diventate vicine le case e in più abbiamo una bellissima spiaggia in comune sottomonte che fa aumentare l’interconnessione
    Lo stacco netto, dove la cadenza nel parlare italiano non viene più scambiata da nessuno per romagnola e lo posso assicurare con varie esperienze personali, si ha tra la sponda sud del Metauro e la vallata del Cesano dove, a seconda dei paesi, si ha la pronuncia della S e della Z che contraddistingue le parlate umbro-laziali oltre a varie sonorità non riproducibili per scritto e molto evidente anche la GL (voglio dicono voio…) per non parlare se fai solo pochi altri km dello scambio della Q e la C con la G e della T con la D e il moltiplicarsi delle doppie (subbito), la cadenza prende un che di romano a partire da Senigallia dove è ancora fievole ( io gli anconetani li prendo spesso per romani) e quelli dell’entroterra per umbri e questa cosa mi è confermata anche da gente del nord Italia con cui, essendo appassionato di montagna ho più contatti
    Altra caratteristica che finisce subito sotto Fano è l’articolo davanti ai nomi di persona femminili ma in alcuni casi anche maschili
    Il Vulon è si un contafrottole ma anche uno che si da le arie senza averne motivo, le purass a Fano è il limite meridionale in cui si usa , già a Marotta le chiamano con un termine che mi sfugge
    Esiste anche un libro che penso ormai introvabile intitolato “Metauro, confine linguistico”, il titolare di un ristorante di Mombaroccio, entroterra tra Fano e Pesaro, dice che l’acqua del Metauro è giacia per dire che la parlata da di qua a di là cambia in maniera radicale
    Concludendo, e scusa la prolissità, sono sempre più convinto che le parlate a nord del Metauro anche se non vogliamo considerarle romagnole, sono comunque molto affini e le considererei una variante meridionale altrimenti sarebbero dialetti senza matrice, a un gruppo più grande dovranno pur appartenere e non è senza dubbio quello umbro-laziale
    Scusa ancora se mi sono dilungato troppo
    Alessandro

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  37. @Alex
    Quelle che elenchi come caratteristiche del dialetto pesarese sono anche fanesi (chiuda….)(i cavai…)e ti posso confermare che dovrebbero essere di origine veneta (da noi si dice ad esempio anche furmai che è di origine veneta)

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  38. Purtroppo per te “caro Toto”, che leggo l’hai presa molto male, è la realtà, mi dispiace ti dia tanto fastidio e mi sembra di leggere un astio che non capisco, ma potrei benissimo sbagliarmi
    Io ho solo riportato quello che succede ai fanesi quando sono fuori Fano, io ho un negozio e parlo con molta gente che mi conferma, quando viene il discorso ovviamente, la stessa cosa
    Vedo che conosci molto bene posti e locali che io non so neanche dove siano, niente di male, ma come mai?
    Come fai a essere così minuzioso, ne sai più di me che ci vivo, hai anche elencato bellissimi posti come Numana, il Conero etc., che mi piacerebbe anche vedere dal vivo e non ci vedo poi niente di strano se qualche fanese, che te conosci molto meglio di me, ci va, sembra paragonabile al nostro San Bartolo, che io ciclista percorro molte volte e arrivo perfino in Romagna, ma per quello che so io dal TG Marche, il Conero è frequentatissimo anche da molti stranieri e non credo che per questo si mettano a parlare anconetano
    Mi fa un po’ sorridere, e capire che Fano e il fanese non li conosci affatto se porti ad esempio “semo” che è anconetano, a Fano si dice “sin”, se metti un video di FanoTV con un programma che è una parodia dei dialetti oltre Metauro, dovresti sapere che non è fanese, visto che sei così informato, mi parli di un certo Sergio Volpini, che ho dovuto cercare su internet per sapere chi era, io non seguo la tv e tanto meno quel tipo di tv, e scoprire che è un anconetano del grande fratello, vorrei sapere da dove viene il tuo immaginario collettivo
    Non posso sapere quali sono i fanesi che conosci, non sono sicuramente gli stessi che conosco io ,che ci abito, ma sicuramente hai ragione te
    Non vedo il motivo né di andare al Maestrale, né alle Befane, anche se conosco qualcuno che ci va, visto che a Fano e Pesaro si trova di tutto
    Che so io, i fanesi vanno al mare a Fano o tra Fano e Pesaro, e penso di avere più cognizione, ma può essere benissimo che qualcuno vada anche a Fano sud, del resto non c’è mica la dogana, ma non vedo il motivo di andare al mare a Rimini, il mare, e dovresti saperlo, c’è anche a Fano
    I fanesi vanno a studiare un po’ dove li pare, chi a Bologna, chi a Milano, a Ferrara etc, e perché no anche ad Ancona, io per esempio a Urbino, ti può andare bene?
    Quella che mi ha dato più ilarità però è stata “spesso vanno in albergo a Numana”, ma anche “l’acquaparco Verdeazzurro di Cingoli”, l’hai cercato nell’elenco o lo frequenti? Visto che sei così informato
    Dopo tutte queste novità per me, e ti ringrazio di avermi edotto di tutti questi particolari che ignoravo, oltre avermi fatto passare qualche minuto in allegria, resta il fatto che comunque ci prendono per romagnoli e sono molto dispiaciuto che tu ci soffra così tanto, lo avessi saputo non lo avrei detto
    E’ chiaro che se metti a confronto diretto si sente la differenza, io non ho mai detto il contrario e sono il primo a dirlo, ma si sente anche la differenza tra il fanese di città, del porto o della campagna e poi io ho parlato di cadenza in italiano, mica uno parla in dialetto quando va fuori!!!
    Puoi fare tutti i forum che vuoi ma tanto non potrai mai cambiare quello che alla gente ignara di tutto ciò appare, poi se ti vuoi mettere a girare l’Italia a convincerli…
    Ti volevo precisare che parlando in italiano tra fanesi e pesaresi ci si riconosce quasi esclusivamente dalla E più stretta del pesarese (e non di tutti), mentre la S è uguale identica. Rivedi gli studi
    Io ho molta simpatia della Romagna e dei romagnoli e di tutti quelli che conosco personalmente ancora di più per questo non mi dispiace essere preso per romagnolo
    Te sei sicuro di esserlo?

    Ciao ciao

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  39. Ho studiato per un periodo ad Ancona e frequentato Fano dove prendevo lezioni private da un insegnante di pianoforte. Ha passato tante giornate ad aspettare al Pincio la corriera con gli altri ragazzi e ho collaborato anche in un corso mascherato durante un carnevale di anni fa. Tante volte ho assistito a divertenti battaglie campanilistiche tra Lucretini e Calcinacci.

    Trovo Fano una città bellissima, immensamente più di Pesaro, e trovo i fanesi, passami la generalizzazione che ogni tanto ci sta per capire il mondo, molto più aperti, sociali e piacevoli dei pesaresi.

    E l’unico motivo per cui non mi sento di accomunare Fano alla Romagna è che sarebbe una perdita per l’identità fanese, che ha ragione di essere proprio nella sua dimensione di territorio spiccatamente marchigiano (uscendo dal discorso dialetto, un fanese ha tanto in comune con l’espressività linguistica di un jesino ad esempio: il modo in cui modulano constatazioni di sorpresa, il modo in cui si “offendono”, formulano le loro battute… ma veramente poco di un faentino ad esempio) le sue manifestazioni dalla fisionomia quasi meridionale, il rapporto con certi santi e le feste religiose, il modo in cui si vive il centro.

    Considerare Fano vicino alla Romagna è come delegarla ad un territorio “ne carne ne pesce” pseudo-romagnolo ai confini piuttosto che darle l’importanza che merita come territorio decisamente marchigiano, forse una delle grandi capitali della cultura marchigiana, con una sua identità ben precisa slegata dalla Romagna, con cui, fortunatamente non ha molto in comune, e dico fortunatamente perché questo significa una maggiore ricchezza culturale di cui godere.

    Comunque ai fanesi che ho conosciuto io, quando sono stati presentati a persone di altre regioni: è stato chiesto se erano Perugini o comunque umbri, i più attenti hanno chiesto se erano di Ancona o comunque da qualche parte nelle marche (basta sentirli fare una domanda dopotutto. In nessun posto in Romagna le domanda hanno quel tipo di cadenza) ma mai sono stati scambiati per romagnoli. Veramente troppo diversi, e ripeto per fortuna è tutto arricchimento culturale, dalla cadenza, parlata, parole e sintassi tipica del romagnolo.

    Perché anche spogliato di qualsiasi considerazione su dialetti, vocali o altro… il suono del Romagnolo è tipicamente settentrionale, proprio nello spettro che crea la sua onda sonora nel suo alternarsi di toni calanti e crescenti, lo si potrebbe sovrapporre facilmente ad una parlata lombarda. Il suono del Fanese è tipicamente centrale, in certi casi con una calata quasi romanesca specialmente in certi tipi di affermazioni imperative o domande cantilenanti.

    Comunque il programma di FanoTV fa anche parodie di dialetti marchigiani, come quando i comici vestono i panni della signora di Ancona o del ragazzo di Ascoli, ma nel caso specifico, con annesse telefonate di telespettatori fanesi, impersonavano personaggi fanesi.

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  40. Non fa niente, vorrà dire che mi sono sognato tutto
    E’ una città che non ho mai conosciuto quella descritta peccato perché mi è sempre sembrato vero,evidentemente non sono a Fano e non parlo fanese
    Comunque non fa niente non era niente di così importante, chissà dove mi sveglierò….

    Vi lascio non vale la pena

    PS come mai sei andato a studiare ad Ancona? Non dovevi essere quello che studia a Forlì o Bologna?????

    Però un pò mi dispiace mi sono fatto delle belle risate…. ma quelle posso continuare a farle leggendo

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  41. Per finire e per correttezza vorrei solo comunicare che stamperò queste pagine o comunicherò dove andarle a leggere
    Non voglio essere egoista
    Non vorrei privare i miei fantomatici concittadini di cotanta fantasia
    Dalla creatività penserei di aver avuto a che fare con un meridionale
    E qui chiudo, devo anche lavorare non posso ridere sempre

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  42. Alessandro, nessun approfondimento e sarcasmo da quattro soldi denotano soltanto una mancanza di argomentazioni.
    Non ti sei sognato di essere a Fano ma ricorda che spesso la realtà di una città la vede più facilmente un esterno non coinvolto che un abitante abituato ad una certa cultura di quartiere.

    Quindi forse proprio tu abitante di Fano e così preoccupato di non venire associato alle Marche, regione a cui il tuo territorio appartiene fortemente, culturalmente e linguisticamente molto più che Pesaro e Urbino, non hai l’obbiettività giusta di giudicare la tua città.

    Se proprio ci tieni a saperlo l’insegnante con cui ero interessato a lavorare e con cui già avevo corrisposto, insegnava ad Ancona.

    E tu che credi di far ridere i tuoi concittadini facendogli leggere le affermazioni di un Romagnolo convinto che Fano con la Romagna non abbia niente in comune, forse ti stupirai di scoprire che i fanesi non sono interessati a considerarsi romagnoli o Romagna e apprezzano la loro identità marchigiana. Abbiamo conosciuto fanesi diversi? Possibilissimo! Dopo tutto la nostra cerchia di conoscenze e amicizia ci rispecchia e se la tua rispecchia il tuo pensiero, facile che rivedi nel fanese medio una fotocopia del tuo pensiero o del tuo vissuto.

    I fanesi che ho conosciuto io avevano in odio Pesaro, tutti nessuno escluso, non conoscevano la Romagna se non per qualche uscita superficiale a Cattolica o Riccione, non avevano niente di romagnolo nella parlata, calata e cadenza ne venivano scambiati da romagnoli dagli altri durante le nostre trasferte e dimostravano un grande legame con i territori marchigiani circostanti come Senigallia, Falconara, Ancona e tutta la Vallesina mancando invece di legami e conoscenze ugualmente profondi del territorio del Foglia, del Conca o del Marecchia… figuriamoci del Rubicone.

    E in sociologia quando si parla di territori su cui gravita un centro, non si intende che chi popola quel centro non può o non raggiunge anche altri territori, ma significa che su base statistica si muoverà più comunemente e agilmente dentro quei territori.
    Per questo ad esempio i ferraresi gravitano più verso la provincia di Ravenna che non quella di Modena, la Romagna-Toscana gravita più verso Faenza che non Forlì pur essendo Forlì la provincia, i baresi gravitano più verso Foggia che non verso il Salento, i cuneesi gravitano più verso la Francia e il torinese che non verso la Liguria e l’Alessandrino. E ci sono ragioni culturali ma anche territoriali e di scambi commerciali avvenuti negli anni che determinano queste zone di influenza.

    E un qualsiasi storico, riconoscendo l’influenza picena sempre più forte all’avvicinarsi ai territori di Fano-Senigallia (zone a chiaro substrato piceno che prevalica sull’influenza successiva della dominazione dei Malatesta) non può che riconoscere come loro centro gravitazionale le zone a Ovest e Sud (inclusa l’Umbria con Città di Castello) che non le zone a Nord. Io ho potuto verificare questa teoria con il rapporto diretto con abitanti di Fano con cui ho stretto amicizia o mi sono confrontato negli anni.

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  43. Cambio nickname per non fare confusione, sono sempre Alex da Rimini.
    Il territorio fanese è di difficile identificazione perché non è ben chiaro quali sono i suoi confini e quindi è impossibile dire con esattezza dove inizia e dove finisce; ho notato che il mio omonimo fanese non considera la parlata di San Costanzo come fanese, benché questo centro sia molto vicino alla periferia sud di Fano.
    Dico questo perché a seconda della frazione o del quartiere di provenienza si hanno delle percezioni diverse: so per certo che a Fenile si parla con cadenza più pesarese, mentre avvicinandosi a Saltara e Cartoceto la parlata diventa sempre più simile a quella di Fossombrone, Isola del Piano, Fontecorniale ecc.
    Il fanese cittadino invece lo associo alla parlata del prof. Piccinetti, noto biologo marino e grande esperto di arte culinaria; in particolare quella caratteristica “erre moscia” e quella “a” strascicata fanno pensare subito ad un fanese DOC.
    Comunque sono d’accordo che a sud del Metauro la cadenza cambia completamente, infatti già a Marotta la parlata mi sembra molto più senigalliese che fanese, a cominciare dal ritmo spezzettato della frase che sento già nel video di San Costanzo.
    Invece, nonostante la contiguità territoriale, trovo il pesarese e il fanese due dialetti piuttosto diversi, accomunati da quelle domande in levare che è possibile sentire ovunque nel nord delle Marche; ci sono però delle differenze importanti, per esempio il pesarese mantiene i pronomi clitici soggetto e li ripete, ad es. in dialetto pesarese si direbbe: “mi fradèl el s’è fat mèl, l’à batùd el g’noch’ e l’è gid tl’uspedèl” (mio fratello si è fatto male, ha battuto il ginocchio ed è andato all’ospedale); in questa frase si può notare la ripetizione del pronome ogni volta che c’è una proposizione con lo stesso soggetto, cosa che in fanese non esiste ma trova ampio riscontro nei dialetti romagnoli, per es. la stessa frase in riminese sarebbe: “e’ mi fradèl u s’è fat mèl, l’à batù e’ znòc’ e l’è andè tl’uspidèl” (davanti a “s” il riminese preferisce il pronome “u”).
    Altra differenza importante è che il pesarese trasforma la “a” in sillaba libera in “e”, mentre il fanese generalmente no; per es. mentre in pesarese si dice “chèn, pèn urmèi, Fèn” (cane, pane, ormai, Fano), in fanese si direbbe (almeno credo): “càn, pàn, urmài, Fàn” (un’altra parola fanese caratteristica è “crocàl”=gabbiano, che trova riscontro nel riminese “cuchèl”)
    Ad ogni modo ogni quartiere/frazione ha le sue particolarità, per es.a mano a mano che da Pesaro si scende verso Fano i dialetti si assomigliano sempre di più, mentre il pesarese che viene parlato dalle parti di Cattabrighe, Santa Marina Alta, la Siligata, il Boncio ecc. è molto diverso dal fanese ed è molto più simile ai dialetti di Gradara e Tavullia (i miei nonni paterni sono di lì); questi “vernacoli” hanno un’intelligibilità con le parlate sud-romagnole decisamente maggiore rispetto al dialetto fanese o a quello urbinate (che un riminese non sempre comprende), pur avendo già evidenti tratti gallico-marchigiani nella cadenza e nel lessico (per es. andare si dice “gì”).
    Un giovane fanese sicuramente frequenterà i locali della riviera romagnola, ma non con la stessa intensità di un ragazzo che vive sulla Siligata o a Colombarone, dove Cattolica dista appena 5 km!
    Comunque spero di essere stato chiaro e mi piacerebbe portare avanti questo discorso, magari con toni un po’ più pacati di quello degli ultimi post che ho letto.
    Ciao 🙂

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  44. Ciao Alex, nonostante avessi deciso di non partecipare più, a te posso anche rispondere, vedo che oltre al nome abbiamo in comune anche la bici, non dovevi cambiare nickname, tanto io non ho intenzione di continuare visti i precedenti.
    Mi trovo d’accordo con te, vedo che sei informato, l’unica cosa che ti volevo chiarire è che a Fano, dentro le mura, la A è pronunciata tra A ed E (ae) con prevalenza della A, ma appena fuori e ti parlo di metri diventa E, mia mamma, parente alla lunga del professor Piccinetti, che è nata sul lungomare “sassonia” di Fano che è quello di fronte alla città, scendendo dall’arco d’Augusto, la pronuncia già così (chesa per dire casa, mer per dire mare…), e la stessa cosa vale per Centinarola, quartiere di Fano a ca 1 km da Fano centro, Fenile, che tu conosci e così via…
    E’ chiaro che il dialetto pesarese è diverso dal dialetto fanese e mi trovi perfettamente d’accordo su tutto, non potrebbe essere altrimenti, ma io mi riferivo alla cadenza parlando in italiano.
    Ieri sera, ad esempio, ero a cena nell’entroterra e avevo due pesaresi alle spalle, ma io li ho riconosciuti solamente dopo un po’dal fatto che parlavano di problemi di Pesaro e in secondo luogo, ascoltandoli bene, dalla E pronunciata più stretta, e anche quella dipende dai quartieri.
    Come dici bene te, il dialetto di Cattabrighe ad esempio io lo confondo con il catòl’ghin (cattolichino in fanese), a Soria, altro quartiere di Pesaro, la E è pronunciata talmente chiusa che sembra abbiano sempre il raffreddore, ma anche questa caratteristica cambia cambiando quartiere.
    La parlata di San Costanzo, ma in quella trasmissione c’è anche una parodia della parlata di Marzocca di Senigallia, nonostante San Costanzo sia molto vicino, prende già molto dalla vallata del Cesano e di Senigallia così come i paesi sul crinale che tendenzialmente ma non tutti tendono a frequentare Senigallia e Marotta, anche se ci sono notevoli eccezioni che però si notano subito in chi tende invece a frequentare il fanese.
    A San Costanzo raddoppiano le lettere anche dove non ci sono doppie e hanno una pronuncia della E, che tendono ad aprire molto, che non so tradurre scritta ma l’hai potuta sentire nel video ( per dire detto dicono deeattt, a Fano si dice dit con una pronuncia della I tra la I e la E con prevalenza della I), per dire le prime cose che mi vengono in mente.
    Non sapevo che anche a Rimini si usasse cruchel, che comunque a Fano non si pronuncia crocal ma crucael con la solita AE che diventa E piena di mia mamma e del circondario.
    I fanesi comunque in prevalenza, ci sarà anche qualcuno, come è normale, che va anche a Senigallia, ma io non lo sento mai dire, a fare un giro o per negozi vengono in Romagna e quindi non solo per frequentare i locali ma anche a fare una semplice passeggiata.
    Un’ultima cosa che mi viene in mente per confermare quello che dicevi dei pronomi, è il famoso “A m’arcord” di Fellini, che qualche fanese riconosce pensato a Fano tanto sono simili certi personaggi del film a personaggi fanesi di una volta, compresa una zona del centro di Fano chiamata “el borgh” (Fellini sembra avesse il fratello in collegio a Fano e venisse a trovarlo spesso), ma questo non c’entra con quello che volevo dire, che è che a Fano si dice “m’arcord” senza la A davanti
    Ciao ciclista

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  45. Sì, Alex, è vero, sono un grande appassionato di ciclismo dai tempi del compianto Marco Pantani, fuoriclasse assoluto che ci ha lasciato troppo presto.
    Tra l’altro Pantani, pur essendo di Cesenatico, si allenava quasi sempre sulle strade riminesi e del Montefeltro, tanto che la salita dove amava “testarsi” prima di una grande corsa era il Monte Cippo di Carpegna; questo a testimonianza di un forte legame che da sempre lega i territori marchigiani di confine con la Romagna.
    Infatti il Monte Carpegna è la montagna più frequentata dai riminesi, pur essendo amministrativamente nelle Marche; Carpegna è anche il paese che ha dato origine alla dinastia dei Montefeltro, mentre i Malatesta erano originari di Pennabilli, paese confinante.
    Con questo voglio dire che il sud della Romagna e il nord delle Marche hanno un’origine comune, e nonostante i due territori siano stati divisi nei secoli successivi, la provincia di Pesaro-Urbino non si è mai sentita culturalmente legata al resto delle Marche.
    Alcuni comuni della provincia di PU fanno addirittura parte della cd. “Romagna storica”, come Gradara, Tavullia, Gabicce e i 7 comuni dell’Alta Valmarecchia (passati sotto Rimini), a cui si aggiungono Sassofeltrio e Montecopiolo, in procinto di cambiare regione.
    Ma siamo sicuri che la parte settentrionale della provincia di Pesaro (quella a nord del fiume Foglia) non sia tutta da ascrivere culturalmente alla Romagna meridionale?
    E’ chiaro che col tempo sono emerse alcune differenze dovute a dominazioni differenti, per es. Macerata Feltria, pur essendo a nord della valle del Foglia, non si può certo considerare Romagna, in quanto da sempre è un feudo urbinate, mentre Tavullia per es. è molto più vicina culturalmente alla Romagna, basta ascoltare la parlata di Valentino Rossi per averne conferma.
    Allo stesso modo esistono alcuni territori tra Foglia e Metauro che mantengono un certo “legame” con la cultura romagnola, pur subentrando contaminazioni delle aree limitrofe (Marche e Umbria), evidenti in alcune tradizioni come la crescia di Pasqua (di origine umbra) e la piadina sfogliata (detta anche crescia sfogliata o crostolo a seconda delle zone); c’è però da dire, e su questo forse ha ragione Toto, che il territorio riminese è già una Romagna meridionale, tanto che molti romagnoli delle province di Forlì-Cesena e di Ravenna ci considerano “marchigiani”, a tal punto che Mussolini definì Rimini come “scarto della Romagna e rifiuto delle Marche”, nonostante questo sia un falso storico.
    A questo proposito mi è capitato di conoscere persone che non si capacitavano che a Rimini non si parla esattamente come nel film “Amarcord” (o meglio “A m’arcòrd”) o come l’assessore Cangini (Cevoli), che pure è di origine riccionese; il romagnolo televisivo ha un suo standard e viene da sempre collegato con il bolognese, varianti come quella riminese non sono rilevanti per il pubblico.
    Il dialetto riminese è molto più vicino al pesarese che al bolognese, benché sia diverso da entrambi, se non altro per motivi geografici e socio-culturali; questo non vale per il resto della Romagna, che ha sempre avuto il suo cuore pulsante lungo la Via Emilia, e questo l’ha portata ad avere un forte legame con il capoluogo felsineo, tanto che molti considerano Bologna in Romagna, quando questo non è assolutamente vero.
    Un riminese non identificherebbe mai un bolognese come romagnolo, mentre conosco molti che considerano Valentino Rossi romagnolo (pur essendo di Tavullia).
    In più non sono d’accordo con quanti affermano che la Romagna è Italia settentrionale: se questo fosse vero, allora alcune zone della Toscana sarebbero già nel nord; certo è che qui si parlano dialetti gallo-italici, ma non dobbiamo trascurare la presenza di modi di dire tipici dell’Italia centrale, come “babbo” (e non “papà” come in Emilia e al nord), “baghino” (termine di origine aretina), “burdèl” (=bambino, ragazzo da collegare al marchigiano “bardascio”) e tanti altri presenti ovunque in Romagna (e non solo a Rimini).
    La Romagna è allora una terra di confine, dove gli elementi “centrali” tendono a soppiantare gli elementi “settentrionali” mano a mano che si scende, e in questo contesto possiamo considerare la provincia di Pesaro-Urbino come la più meridionale delle province romagnole, quella dove si sentono gli influssi umbro-marchigiani più forti, pur essendoci origini galliche.
    A sud del Metauro gli elementi “gallici” si affievoliscono sempre più fino ad esaurirsi dopo l’Esino (sulla costa arrivano fino al Conero).

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  46. Per dimostrare che tra Riminese e Anconetano vi e’una notevole affinita’ e somiglianza,vi esporro’ ora una serie di parole che iniziano con la lettera Z.:
    ZABAIONE o ZABAGLIONE = (Riminese)=zabajo’un.(Anconetano)= zabajo’u.ZAMPONE(R)=zampo’un. (A)=zampo’u.ZAVORRA(R)=zavora.(A)=zavora.ZAZZERA(R)=gnagna,zazera.(A)=gnagna,zazera.ZINGARO(R)=zenghen.(A)zengheno-ro.ZITELLA(R)=zitela.(A)=zitela.ZITTIRE(R)=ziti’.(A)=ziti.ZIZZANIA(R)=zizagna.(A)=zizagna.FIAMMIFERO o ZOLFANELLO(R)=furmineint,sulfanel.(A)=furminante,sulfanelo.ZONZO(andare a zonzo)(R)=strasnun,ande’a strasnun.(A)strascino’u.anda’a strascino’u.ZOTICO (R)=zutico’un.(A)=zutico’u.ZUCCA(R)=zoca. (A)=zoca.ZUCCHERO(R)=zo’cher. (A)=zo’chero.ZUCCHINA(R)=zuchina. (A)=zuc hina ZUZZURELLONE (R)=zuzlo’un.(A)=zuz(u)lo’u. A parte piccole differenze,oserei dire che le parole riportate sono le stesse.Affermare quindi che l’Anconetano e’un dialetto gallico con base romagnola,non sia un’affermazione fuoriluogo.Al tempo della leva militare ebbi il piacere di conoscere Droghini Mario,fanese e orgoglioso di avere come capoluogo di regione Ancona;il suo accento era molto marchigiano al punto da non essere confuso col Riminese o pesarese.A Rimini ancora adolescente sentendomi parlare mi scambiavano per pesarese con flessioni venete,non certo per romano.Se devo stare con le impressioni che uno ha andando per la prima volta in una citta’,direi che oggi visitando Rimini la scambiarei per Napoli;cosa che mi e’capitata andandoci con l’atam :conduttore,controllori,persone comuni che parlavano con spiccato accento meridionale.Penso che questo possa capitare anche andando ad Ancona;soprattutto poi i giovani che il dialetto non lo parlano neanche piu;ma un italiano spezzettato e cinematografico.Vedi:Verdone,Pieraccioni,Manfredi,Sordi,Gassman,Brignano e così via con tutta Cinecitta’.Ciao,con simpatia,Livio.A se volete sapere com’e’ o com’era l’accento Anconetano ascoltate la poesia:ma tu filo mia.che e’in Senigalliase,ma vi assicuro che e’paro paro,cumpagno a quello d’Ancona.Ciao.

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  47. È anche vero però che sono in gran parte parole di derivazione italica, quindi mutuate dalla lingua italiana attuale o arcaica (come “zolfanello”).
    Forse è più corretto dire che il dialetto riminese rispetto agli altri dialetti romagnoli ha un maggior numero di parole di origine italica (e quindi toscane o “mediane”), mi viene in mente il “baghino” per maiale, parola di origine aretina, oppure la “parananza” (grembiule da cucina, come a Roma), “zinale” o “zinalone” per grembiule da lavoro ecc .
    In dialetto pesarese esistono altre parole di chiara origine toscana, come lo “stolzo”, ovvero un sobbalzo dovuto a spavento (si dice così anche ad Arezzo), oppure di origine marchigiana, come il “scióun” che indica il tubo dell’acqua…
    Naturalmente accanto a queste parole ce ne sono altre di origine gallica o nord-italica (in particolare veneta).

    Tornando al dialetto pesarese, mi sembra che a Cattabrighe si parli più o meno così:
    http://www.lospecchiodellacitta.it/articolo.asp?tit=Aprile%202008&titolo=Aprile%202008%20/%20TuttoPesaro&id1=133&Numero=0&IDAnno=0&Azione=Find&ID=6537
    Da notare la presenza di dittonghi non riportati dall’autore ma a mio parere evidenti (ad es. “niscióun”=nessuno, a Pesaro sarebbe “nisciùn”) e altre particolarità che lo avvicinano alle varianti di confine con la Romagna, come nell’espressione “le rob bèli” (plurale femminile in “i”).

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  48. Scusate il “profluvio” di post, ma l’argomento mi appassiona! 😀
    Ho provato a suddividere i dialetti in base ad alcune caratteristiche partendo dal bolognese fino ad arrivare ai dialetti “mediani” delle Marche centrali; a mio parere sono quasi tutti riconducibili ad uno di questi 5 gruppi:
    1) dialetto bolognese (o emiliano sud-orientale);
    2) dialetto romagnolo centro-settentrionale;
    3) dialetto romagnolo meridionale (o romagnolo sud-orientale);
    4) dialetto gallico-marchigiano (o gallo-piceno);
    5) dialetto mediano-piceno.

    Nel 1° gruppo rientrano tutti i dialetti della campagna bolognese (escludendo quelli appenninici di transizione con il toscano);
    nel 2° gruppo rientrano gran parte dei dialetti delle province di Forlì-Cesena e Ravenna (ad esclusione dell’area di confine con la Toscana);
    nel 3° gruppo rientrano i dialetti di area riminese/sammarinese e i dialetti delle valli del Marecchia e del Conca;
    nel 4° gruppo rientrano tutti i dialetti dell’entroterra pesarese a sud del fiume Foglia, il dialetto urbinate, il dialetto fanese e il dialetto di Senigallia (escludo i dialetti di Cantiano e Pergola che sono già umbro-mediani);
    nel 5° gruppo rientrano i dialetti di Jesi, Arcevia, Osimo, Loreto fino ad arrivare a Macerata.

    Come si può vedere il confine tra un gruppo e l’altro non è sempre netto, per cui il dialetto imolese (pur essendo già considerato romagnolo) presenta ancora alcune caratteristiche del bolognese, per cui si può dire che è un dialetto di transizione tra il gruppo 1) e il gruppo 2).
    Allo stesso modo il dialetto di Santarcangelo (pur essendo in territorio riminese) presenta ancora alcune caratteristiche dei dialetti del gruppo 2), quindi non si può totalmente ascrivere ai dialetti della Romagna sud-orientale, va invece considerato come dialetto di transizione fra il gruppo 2) e il gruppo 3).
    Un altro caso di transizione riguarda il dialetto pesarese, infatti questo condivide alcune caratteristiche della Romagna meridionale (pronomi clitici soggetto, palatizzazione sistematica di “a” in sillaba libera ecc.) e altre tipiche invece dei dialetti gallico-marchigiani (posposizione del pronome possessivo, vocali di appoggio ecc.), per cui va considerato un dialetto di transizione tra il gruppo 3) e il gruppo 4).
    Adesso invece (visto che uno dei principali promotori di questa discussione è un anconetano verace!) voglio capire qualcosa di più dell’anconetano: in questa suddivisione io lo considererei come dialetto di transizione tra il gruppo 4) e il gruppo 5), visto che ha sia caratteristiche gallico-marchigiane (presenza di “s” sonora tra vocali, pronuncia palatale della “a” ecc.) sia caratteristiche più propriamente mediano-picene (mantenimento della vocale finale, trasformazione della “s” in “z” dopo consonante liquida o nasale ecc.).

    In questa suddivisione non ho considerato i dialetti di transizione con il ferrarese (vedi Comacchio) e i dialetti della Romagna-Toscana (di transizione con il toscano orientale o appenninico), su cui mi prometto di tornare.

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